Il gioco del “noi e loro” noi adulti

Il gioco del “noi e loro” noi adulti lo giochiamo ogni volta che ci viene spontaneo pensare (e dire, e magari scrivere in un manifesto con altri 600 firmatari…) che noi eravamo diversi: seri, studiosi, applicati, capaci, intelligenti, grammaticalmente impeccabili… Loro, invece (i bambini e i ragazzi di oggi) non sanno più ragionare, non sanno più scrivere, sempre con quegli aggeggi in mano… Si tratta di un gioco che non serve a nessuno. Anzi, forse serve soltanto a noi per trovare un alibi alla nostra incapacità di capirli, di adattarci a loro, di vincere la sfida che ci si presenta. Se sono loro a essere diversi, allora forse non abbiamo colpe… Io credo che i nostri bambini, i nostri ragazzi, siano migliori di quel che pensiamo e diciamo e penso che in fondo non ce li meritiamo, non ce li meritiamo proprio. Perché per meritarceli, dovremmo amarli. Se li amassimo non ci sarebbe spazio per le lamentele, per i manifesti: ci sarebbe spazio solo per la sollecitudine educativa. E il loro sguardo riconoscente (lo sguardo di chi ti riconosce, perché si sente riconosciuto) ci mostrerebbe il senso vero (e la felicità assoluta) dell’insegnare.180525_1884334550913_1588992_n

Lettera di 600 docenti universitari al governo: “Gli studenti scrivono male, dovete intervenire”.

Tra i firmatari Ernesto Galli della Loggia, Ilvo Diamanti e Paola Mastrocola

BAY0S3C56732-kDZ-U110011331857622oC-1024x576@LaStampa.it«È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana». È la «situazione preoccupante» che 600 docenti delle università italiane – su iniziativa del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità – hanno deciso di denunciare con una lettera indirizzata al Governo, alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e al Parlamento: «il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato – si legge nella lettera, intitolata `Saper leggere e scrivere: una proposta contro il declino dell’italiano a scuola´ – anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i governi. Ci sono alcune importanti iniziative rivolte all’aggiornamento degli insegnanti, ma non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema».
Secondo i docenti (tra i firmatari del documento ci sono Massimo Cacciari, Andrea Carandini, Fulco Lanchester, Ernesto Galli della Loggia, Ilvo Diamanti, Giovanni Paciullo, Biancamaria Frabotta, Carlo Alberto Redi, Paola Mastrocola) «abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né il generoso impegno di tanti validissimi insegnanti né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti. Dobbiamo dunque porci come obiettivo urgente il raggiungimento, al termine del primo ciclo, di un sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti».
I docenti universitari, dunque, propongono alcune linee di intervento: una revisione delle indicazioni nazionali che «dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari», che dovrebbero contenere i «traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni» e l’introduzione di «verifiche nazionali periodiche» durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano. «Sarebbe utile – affermano – la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola».
I docenti si dicono «convinti che l’introduzione di momenti di seria verifica durante l’iter scolastico sia una condizione indispensabile per l’acquisizione e il consolidamento delle competenze di base. Questi momenti costituirebbero per gli allievi un incentivo a fare del proprio meglio e un’occasione per abituarsi ad affrontare delle prove, pur senza drammatizzarle, mentre gli insegnanti avrebbero finalmente dei chiari obiettivi comuni a tutte le scuole a cui finalizzare una parte significativa del loro lavoro».